Aspetti psicologici della genitorialità nella sclerosi multipla
Uno studio italiano ha esplorato, attraverso un’analisi delle narrative, i significati personali relativi alla maternità e alla malattia in donne con diagnosi di sclerosi multipla.
La sclerosi multipla è una malattia cronica caratterizzata da aspetti infiammatori e degenerativi che colpisce il sistema nervoso centrale, e costituisce la seconda causa di disabilità neurologica nei giovani adulti. Colpisce più frequentemente le persone giovani e con una maggiore incidenza nelle donne (rapporto 3:1 rispetto agli uomini), soprattutto in età fertile, con picco di incidenza tra i 20 e i 40 anni e una età media di insorgenza di 28 anni [1,2]. La sclerosi multipla è caratterizzata da uno spettro di segni e sintomi, che vanno da aspetti fisici, difficoltà psicologiche o disturbi psichiatrici, con un’ampia variabilità tra soggetti e nel tempo.
Per le donne che convivono con una malattia cronica e il cui decorso è imprevedibile come nella sclerosi multipla, la maternità rappresenta un passaggio complicato nel corso della vita [3]. Inoltre, sebbene questa malattia generalmente non comprometta la capacità riproduttiva, alcuni trattamenti possono ostacolare la gravidanza [4]. La diagnosi di sclerosi multipla impatta drammaticamente sui progetti di vita delle donne affette da questa malattia, le quali spesso rinunciano ad avere figli a causa della sclerosi multipla, o rinunciano alla seconda gravidanza in caso avessero già un figlio antecedente alla diagnosi [5].
Fino agli anni ’80 dello scorso secolo la gravidanza era in genere sconsigliata alle pazienti affette da sclerosi multipla, in quanto non si conoscevano gli effetti della gestazione sulla storia di malattia e gli eventuali effetti della malattia sul figlio. Nelle ultime decadi, tuttavia, diversi studi osservazionali hanno permesso di sciogliere alcuni dubbi in merito al rapporto reciproco tra gravidanza e sclerosi multipla. Inoltre, la disponibilità di diversi farmaci modificanti il decorso di malattia (Disease-Modifying Drugs, DMD) in grado di modificare radicalmente la storia della sclerosi multipla e la possibilità di utilizzarne alcuni sino al concepimento hanno fatto sì che la progettazione della genitorialità possa essere un aspetto focale e irrinunciabile nella vita dei pazienti affetti da sclerosi multipla [6].
Da un punto di vista clinico, diversi studi hanno evidenziato come in occasione della gravidanza il tasso di recidive tenda a diminuire, soprattutto nel III trimestre, per aumentare poi dopo il parto, soprattutto nel puerperio, assestandosi successivamente a un livello precedente la gravidanza. Tali studi hanno permesso di evidenziare come la gravidanza non influisca sulla disabilità a lungo termine della mamma e contemporaneamente non vi siano rischi aggiuntivi in termini di mortalità e morbilità connatale e perinatale rispetto alla popolazione generale [7,8,9].
Tuttavia, la maternità deve essere necessariamente considerata come un evento esistenziale, un processo critico che implica un lavoro di ristrutturazione psicologica mirato a modificare gli aspetti affettivi e rappresentazionali del Sé, degli Altri e delle Relazioni [10]. Le donne devono così gradualmente ridefinire gli schemi intersoggettivi e l’equilibrio intrapsichico, così come si ridefiniscono le dinamiche di coppia [11].
Ad oggi le ricerche in letteratura riguardanti la sclerosi multipla e le rappresentazioni della maternità sono molto poche [12]. Alcune ricerche hanno esplorato preoccupazioni e paure che le donne possono avere riguardo una possibile maternità: aspettative di effetti negativi sulla propria salute fisica a seguito della sospensione del farmaco, timore di un “bambino difettoso” cui potrebbero dare vita a causa della malattia [13], sensazione di perdita delle abilità materne [14], paura di reazioni sociali negative e dubbi sul momento giusto per la maternità [15].
A partire da una lunga esperienza psicologica clinica maturata in ospedale, dove erano presenti donne cui era stata diagnosticata sclerosi multipla, un recente studio italiano si è dato l’obiettivo di esplorare in profondità, da una prospettiva psicodinamica, la natura simbolica ed emotiva dei processi di costruzione di significato che caratterizzano l’esperienza della gravidanza nelle donne che convivono con una malattia cronica. Attraverso l’analisi delle narrative sulla maternità si sono andati dunque a esplorare i significati personali correlati alla maternità e alla malattia nelle donne che vivono con questa malattia [16].
I ricercatori hanno utilizzato una metodologia esplorativa e qualitativa, basata sull’analisi dei temi, la quale permette ai ricercatori di partire dalle narrative e, attraverso un’analisi bottom up, fornisce diverse vie per individuare i temi principali. Tale metodologia può essere inserita tra le indagini qualitative narrative, basate sull’esplorazione delle modalità con cui le persone organizzano le proprie esperienze soggettive ed emotive attraverso le narrative [17].
Le 65 donne reclutate presso il Centro Regionale Sclerosi Multipla dell’Ospedale Universitario Federico II di Napoli sono state selezionate in base a tre criteri. Il primo è l’età delle donne, compresa tra i 25 e i 40 anni, range scelto in base sia all’età media di esordio della sclerosi multipla e l’età in cui generalmente le donne sono incinte o comunque decidono di avere un bambino. Inoltre, i soggetti conoscevano la loro diagnosi di sclerosi multipla da più di 6 mesi, così da non interferire con la prima fase di reazione psicologica alla comunicazione della diagnosi. Infine, l’ultimo criterio era avere un EDSS inferiore a 3,5, perché a questo livello di progressione della malattia essa non compromette significativamente l’autonomia della persona. Tra queste pazienti, è stato sufficiente selezionarne venti.
A ciascuna delle partecipanti è stata somministrata un’intervista aperta della durata di 30 minuti, introdotta da una domanda stimolo somministrata in maniera leggermente diversa in base a se le donne fossero già madri o meno. In ogni caso a tutte è stato chiesto di fare libere associazioni riguardanti la loro attuale esperienza di maternità o l’immaginazione di una futura gravidanza. Questo ha permesso di cogliere due differenti prospettive di questa esperienza. Le interviste sono state registrate, trascritte parola per parola e inserite in un archivio digitale per poterle analizzare.
Attraverso il software qualitativo-quantitativo T-LAB [18] si è proceduto con l’analisi tematica dei contesti elementari, la quale ha prodotto pochi significativi gruppi semantici. Questi consistono in una serie di contesti elementari (es. frasi, paragrafi) caratterizzati dallo stesso pattern di parole chiave (parole, lemmi). In questo caso sono stati individuati quattro grandi gruppi tematici, cui è stata attribuita un’etichetta per identificare l’area semantica coperta da ogni gruppo/cluster.
Il primo cluster “Relazione con il Servizio di Cura” comprende parole riferite alla percezione di una perdita di autonomia e alla riduzione dell’identità personale al ruolo di paziente.
Il secondo cluster “Dolore quotidiano”, comprende parole che descrivono la rappresentazione dei limiti legati alla condizione di malattia, sia in termini di aspetti concreti sia di difficoltà nelle attività quotidiane.
Nel terzo cluster, “Chiusura del cerchio”, si trovano parole riferite al desiderio di maternità come un obiettivo di vita da perseguire in termini di scelta personale. A questo viene accostato un senso di riacquisizione di un valore personale, di rivalorizzazione delle proprie abilità e la possibilità di redenzione alla fine di una serie di difficoltà.
Il quarto cluster, “Ruolo familiare”, comprende parole che fanno riferimento al concetto di famiglia come struttura relazionale e sociale, e alle relazioni familiari valutate in termini di capacità di ricoprire le caratteristiche dei membri così come socialmente riconosciute. Questo cluster risulta particolarmente significativo in quanto si evidenzia come ci sia la percezione di un’inversione di ruolo, in quanto nel corso della gravidanza è il figlio ad avere in qualche modo un ruolo di protezione rispetto alla salute della madre, e non il contrario.
Complessivamente, da quanto emerge da questo studio l’esperienza personale delle donne con sclerosi multipla risulta essere caratterizzata da una generale difficoltà nel riuscire a far convivere aspetti correlati ai percorsi medici/terapeutici e ai progetti di vita personale con la cronicità della malattia e la progettualità di maternità.
Mentre la rappresentazione del ruolo di paziente sembra dipendere del contesto dei luoghi di cura e dallo stress della malattia, quella relativa al ruolo di madre sembra riferirsi a un modello idealizzato, quasi distaccato e raggiungibile indipendentemente dalla propria condizione e dal background della sclerosi multipla. Infatti, per le donne intervistate, la gravidanza appare come una condizione protettiva, e la rappresentazione della maternità fa riferimento ai ruoli familiari, che sono considerati lontani dal contesto di cura e importanti per la propria autostima. Si evidenzia come la gravidanza stessa sembri avere un effetto positivo sull’autostima.
Inoltre, a partire dalle caratteristiche delle partecipanti si sono evidenziati altri aspetti. Così come evidenziato in altri studi [19] la presenza di una relazione di coppia stabile sembra ricoprire un importante fattore protettivo, in quanto aiuta le donne ad affrontare la difficoltà con cui convivono quotidianamente e, in particolare, i limiti che la malattia spesso impone. Conoscere la diagnosi da più di dieci anni è generalmente accompagnato da una buona mobilizzazione delle risorse relazionali a sostegno del proprio desiderio generativo. In questo senso, una storia di malattia più lunga sembra determinare un migliore adattamento e una più forte capacità di convivere con la sclerosi multipla. I progetti di maternità sembrano essere vissuti come meno “indipendenti” dalla sclerosi multipla e più “rischiosi” per le donne che sono a conoscenza della diagnosi da un tempo inferiore: in questo caso, le partecipanti mostrano una maggiore dipendenza dall’area medica e maggiore preoccupazione per la salute fisica.
Conclusioni
Coerentemente con gli studi precedenti, emerge come l’attenzione all’eventuale desiderio di maternità debba essere necessariamente parte integrante dell’intervento sulle donne che hanno sclerosi multipla, andando a costituire un ulteriore imprescindibile elemento di complessità nel trattamento di questa malattia: infatti, al decorso della malattia, già caratterizzato da variabilità interindividuale, si aggiunge l’unicità dell’esperienza di maternità o di desiderio di genitorialità di ogni donna.
In ogni caso, affinché si diffonda questa visione più complessa è fondamentale ampliare il focus e considerare la sclerosi multipla non solo come una malattia organica, ma soprattutto come una condizione esistenziale: tale atteggiamento è imprescindibile per potersi aprire a un dialogo interdisciplinare (medico e psicologico) nel trattamento delle donne con sclerosi multipla, validando così il significato conferito al proprio personale desiderio di gravidanza e maternità.
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Source: Fondazione Serono SM