Archives: Gennaio 31, 2022

Epstein-Barr e sclerosi multipla: nuovi dati definiscono meglio la relazione

Sulla prestigiosa rivista Science è stato pubblicato un articolo che ha definito meglio il ruolo della mononucleosi, l’infezione provocata dal virus di Epstein-Barr, nello sviluppo della sclerosi multipla. Esso ha dimostrato che l’infezione provocata da questo virus si è associata a un rischio aumentato di 32 volte di ammalare di sclerosi multipla.

Il meccanismo di demielinizzazione caratteristico della sclerosi multipla si ritiene da tempo che possa essere attivato da un’infezione virale e, tra tutte quelle prese in considerazione quella provocata dal virus di Epstein-Barr, che provoca la mononucleosi, ha attirato la maggiore attenzione. Alcuni autori avevano già rilevato un rischio aumentato di ammalare di sclerosi multipla per le persone che avevano avuto la mononucleosi. Inoltre, nei malati di sclerosi multipla si erano misurate concentrazioni elevate di anticorpi diretti contro il virus di Epstein-Barr e tale virus, in alcune ricerche ma non in altre, era stato individuato nelle lesioni a carico della mielina. Tali evidenze, però, non erano state giudicate conclusive, per confermare una relazione causa/effetto tra le due malattie. Per fare chiarezza sul ruolo della mononucleosi nello sviluppo della sclerosi multipla, Bjornevik e colleghi hanno eseguito uno studio prospettico, nel quale hanno posto in relazione una precedente infezione da virus di Epstein-Barr con il successivo sviluppo della sclerosi multipla. Grazie alla ventennale collaborazione del Centro di ricerca che ha realizzato lo studio con l’esercito degli Stati Uniti, sono stati individuati casi di sclerosi multipla nell’ambito di del personale militare in servizio tra il 1993 e il 2013. Questa casistica è consistita in oltre 10 milioni di soggetti. Tutto il personale militare in servizio attivo è stato sottoposto a uno screening, per l’individuazione del virus dell’AIDS, al momento dell’entrata in servizio e, in seguito, ogni due anni. I campioni di siero che non sono stati utilizzati per la ricerca del virus dell’AIDS sono stati conservati presso un archivio del Dipartimento della Difesa. Gli autori della ricerca hanno usato una parte degli oltre 62 milioni di campioni disponibili per verificare se, i soggetti che avevano sviluppato in seguito la sclerosi multipla, in precedenza avessero avuto la mononucleosi. Sono stati 955 i militari che hanno presentato la sclerosi multipla nel periodo di servizio attivo. Per ciascuno di questi casi, Bjornevik e colleghi hanno analizzato fino a 3 campioni di siero raccolti prima della data di comparsa della sclerosi multipla. In particolare si è trattato: del primo campione disponibile, dell’ultimo raccolto prima della comparsa della sclerosi multipla e di un altro intermedio fra questi due. Per creare un gruppo di confronto, si sono selezionati, per ogni caso di sclerosi multipla, due soggetti, non affetti dalla malattia, ma che avessero la stessa età, fossero dello stesso sesso, della stessa razza, della stessa branca dell’esercito e nei quali i campioni di sangue erano stati raccolti nelle stesse date. Tutti comunque erano militari in servizio attivo. In totale sono stati selezionati 801 soggetti con sclerosi multipla e 1566 soggetti di controllo. Degli 801 casi con sclerosi multipla, solo 1 era risultato negativo all’infezione da virus di Epstein-Barr all’ultima verifica, prima della comparsa della sclerosi multipla. Il rapporto di rischio di sviluppare la sclerosi multipla in soggetti positivi per una pregressa infezione da virus di Epstein-Barr, rispetto ai negativi, è stato di 26.5; intervallo di confidenza al 95% 3.7-191.6; p=0.001. Al basale, 35 persone con la sclerosi multipla e 107 non affette dalla malattia erano negative, ma, dei 35 soggetti, tutti tranne 1 hanno avuto la mononucleosi durante il periodo di osservazione. La mediana del tempo intercorso tra il riscontro del primo esame positivo per la presenza del virus di Epstein-Barr e la comparsa della sclerosi multipla è stata di 5 anni e la mediana del tempo dalla sieroconversione stimata del virus di Epstein-Barr alla comparsa della sclerosi multipla è stata di 7.5 anni (intervallo 2-15 anni). Per sieroconversione gli autori hanno inteso il momento intermedio tra l’ultimo campione di sangue risultato negativo per la presenza del virus e il primo che ha dato riscontro positivo. L’elevata frequenza di sieroconversione per il virus tra le persone che hanno presentato la sclerosi multipla (97%) ha contrastato in maniera evidente con quella di chi non ha sviluppato la malattia (57%). Il rapporto di rischio di comparsa della sclerosi multipla, tra chi ha avuto la sieroconversione per il virus di Epstein-Barr e chi ha continuato a risultare negativo per la presenza del virus, è stato di 32.4 (intervallo di confidenza al 95%: 4.3 to 245.3; p<0.001). Nell’articolo sono stati riportati vari altri dati relativi alla casistica e gli autori hanno proposto anche ipotesi di meccanismi fisiopatologici che potrebbero correlare la pregressa mononucleosi con il successivo sviluppo di sclerosi multipla.

Nello stesso numero della rivista nel quale è stato pubblicato l’articolo di Bjornevik e colleghi è comparso anche un editoriale di commento che ha definito i dati dell’articolo come molto rilevanti e tali da confermare che l’infezione da virus di Epstein-Barr è l’evento scatenante dello sviluppo della sclerosi multipla.    Anche nell’editoriale si forniscono spiegazioni circa i meccanismi che potrebbero mettere in relazione le due malattie. Infine, si ipotizzano futuri sviluppi per la prevenzione e per la cura della sclerosi multipla, derivanti dalle evidenze raccolte da Bjornevik e colleghi.                          

Source: Fondazione Serono SM


Vitamina D e benessere mentale nella sclerosi multipla

Specialisti polacchi hanno eseguito una revisione della letteratura sugli effetti che può avere la vitamina D sul benessere mentale dei malati di sclerosi multipla. I risultati hanno indicato che ci può essere un effetto positivo emerso negli studi che hanno valutato l’impatto di questa vitamina sulla qualità di vita e in una ricerca che ne ha considerato l’influenza sui sintomi della depressione.

Per la vitamina D è stato proposto un ruolo promettente nella prevenzione e nella gestione della sclerosi multipla e se ne è rilevato un effetto positivo sul benessere mentale delle persone affette dalla malattia, che può essere ridotto. Glabska e colleghi hanno eseguito una revisione sistematica della letteratura per definire l’effetto dell’integrazione nutrizionale con vitamina D sul benessere mentale dei malati di sclerosi multipla. Si è impiegata la metodologia stabilita dalle Linee Guida PRISMA e la ricerca degli articoli è avvenuta nei maggiori archivi di letteratura scientifica, includendo quelli pubblicati fino al settembre 2021. Di tutte le pubblicazioni trovate, ne sono state selezionate 6, delle quali 2 riguardavano studi di confronto tra vitamina D e placebo e 4 riportavano i risultati di ricerche prospettiche. La somministrazione di vitamina D in alcuni studi è avvenuta previa randomizzazione e in altri senza applicare tale procedura. La durata della supplementazione è variata da 4 settimane a 12 mesi. Inoltre, quando si sono confrontati soggetti che avevano assunto la vitamina D con altri che non l’avevano assunta, gli effetti sono stati verificati dopo un certo numero di anni. Per valutare il benessere mentale, si è misurata la qualità di vita e si sono presi in considerazione i sintomi della depressione e l’astenia come ulteriore variabile. La maggioranza delle evidenze raccolte dagli studi ha dimostrato un’influenza positiva della vitamina D sul benessere mentale delle persone con sclerosi multipla, compresa la ricerca eseguita con la metodologia più rigorosa, che aveva previsto anche la randomizzazione dei trattamenti. Tutti gli studi che hanno misurato la qualità di vita hanno indicato un miglioramento di questo parametro, mentre quelli che non hanno rilevato un effetto positivo della vitamina D avevano come obiettivo principale la valutazione della depressione e dei sintomi depressivi. Nell’insieme, Glabska e colleghi hanno ritenuto che le prove disponibili a supporto dei benefici offerti dalla vitamina D sono stati sufficienti a supportare la sua efficacia sul benessere mentale dei malati di sclerosi multipla.

Nelle conclusioni gli autori hanno sottolineato che, considerando che la carenza di vitamina D è frequente nei malati di sclerosi multipla e che ci sono potenziali benefici sulla qualità di vita della sua somministrazione, come supplemento nutrizionale. Per questo il suo impiego dovrebbe essere applicato estesamente, almeno alle dosi comunemente raccomandate.            

Source: Fondazione Serono SM


Attività fisica e sclerosi multipla: una revisione della letteratura

Specialisti australiani hanno pubblicato una revisione della letteratura sull’esercizio fisico nella sclerosi multipla, trattando la storia di questo approccio, i suoi benefici, la sicurezza, le Linee Guida e la modalità per promuoverlo. In questo aggiornamento e in altri successivi verrà proposta una sintesi dei contenuti.

I benefici dell’esercizio nel migliorare la funzionalità fisica, quella mentale e il benessere generale sono inequivocabili, ma gli autori della revisione ad essi hanno aggiunto gli effetti positivi che l’attività può sviluppare in termini di protezione del sistema nervoso. A questo proposito hanno fatto riferimento alla grande mole di dati che si sta raccogliendo sul ruolo di neuroprotezione, che l’esercizio gioca nei confronti dei danni provocati da ictus, malattia di Parkinson e, appunto, sclerosi multipla. Nelle persone affette da questa malattia l’attività fisica riduce l’apoptosi delle cellule e la neurodegenerazione e può essere efficace nello stimolare la neuroplasticità, grazie all’incremento della funzionalità del sistema nervoso che si associa all’esercizio. Le evidenze raccolte nei modelli animali hanno dimostrato chiaramente modificazioni positive della struttura e della funzione del sistema nervoso indotte dall’esercizio. Nell’uomo si sono ottenute conferme dei suoi benefici sotto forma di risultati di esami come la risonanza magnetica e di esiti di esami di laboratorio indicativi dell’andamento dell’infiammazione. Ricerche specifiche hanno dimostrato che i malati di sclerosi multipla hanno più interesse per gli argomenti riguardanti la forma fisica, che per quelli relativi alle cure con farmaci. Gli operatori sanitari che li seguono, in particolare i neurologi, vengono da loro identificati come fonti essenziali di informazioni sui comportamenti che possono migliorare il loro benessere e, in particolare, sulle forme di attività fisica che possono aiutarli a stare meglio. Nell’articolo si segnala che a fornire un adeguato supporto alle persone con sclerosi multipla nel loro percorso di preparazione all’esercizio fisico deve essere un gruppo di professionisti ampiamente multidisciplinare, che comprenda neurologo, fisioterapista, terapista occupazionale, istruttore ed esperti di modificazioni dei comportamenti, come gli psicologi. Se non tutti i Centri dispongono di un gruppo di professionisti di questo tipo, sarebbe bene che i malati si rivolgessero a chi può fornire loro un supporto completo. Learmonth e Wayne Motl hanno ricostruito anche la storia dell’impiego dell’attività fisica nella sclerosi multipla, a partire da un caso clinico pubblicato nel 1838 dal neurologo scozzese John Abercrombie. In quel caso si descriveva il beneficio ottenuto da un malato di sclerosi multipla, in uno stato di salute generale buona, facendo una lunga passeggiata. Gli autori hanno anche passato in rassegna le ricerche che hanno valutato in maniera rigorosa gli effetti dell’attività fisica. Per quanto riguarda la sicurezza, l’esercizio svolto da chi ha la sclerosi multipla, se ritagliato sulla funzionalità fisica del singolo soggetto, non pone problemi diversi da quelli che si possono presentare in chi non è affetto da tale malattia. Per quanto riguarda le Linee Guida sull’argomento, Learmonth e Wayne Motl hanno ricordato che, nel 2013, ricercatori nordamericani si sono riuniti per discutere qualità e risultati degli studi clinici eseguiti fino ad allora sull’attività fisica sostenuta da adulti con sclerosi multipla di età compresa fra 18 e 64 anni. Gli esiti di questa riunione sono stati raccolti in una pubblicazione, che è diventata la base per un primo documento di Linee Guida nel quale si sono fornite raccomandazioni per lo svolgimento dell’esercizio da parte di malati con forme lievi o moderate di sclerosi multipla. Queste prime Linee Guida sono state aggiornate nel 2019 e nel 2020 per ampliarne l’applicazione.                              

L’esercizio fisico dovrebbe essere una componente della gestione della sclerosi multipla. Nei prossimi aggiornamenti si riprenderanno i contenuti della revisione della letteratura che possono essere di interesse per i malati.

Source: Fondazione Serono SM