I sintomi più comuni della sclerosi multipla (SM) sia d’esordio sia in corso di ricadute sono caratterizzati da un deficit funzionale dei sistemi sensoriali primari o del sistema motorio: ad esempio un calo della vista, una perdita di sensibilità a un arto o deficit di forza a uno o più arti [1]. Nel corso degli ultimi anni, si è tuttavia addivenuti a una notevole espansione del possibile corteo sintomatologico associato alla SM includendo deficit non facilmente diagnosticabili se non altrimenti attentamente valutati. I deficit cognitivi sono esemplificativi di tali sintomi cosiddetti below-the-radar, ovvero che sfuggono alla normale valutazione clinica. Circa il 50-70% dei pazienti affetti da SM manifesta un deficit cognitivo con un grosso impatto negativo sulla loro qualità della vita [2]. Con l’accumularsi delle evidenze scientifiche a conferma di tale diffuso coinvolgimento della funzione cognitiva in SM, oggi in molti Centri dedicati alla diagnosi e cura della SM si effettuano valutazioni cognitive e si adattano le strategie terapeutiche anche in funzione della presenza o assenza di tale deficit. Se tanto è stato possibile è stato anche grazie all’introduzione di un test di screening della durata di 90 secondi, il symbol digit modality test che permette una rapida e specifica valutazione delle funzioni cognitive anche in un contesto clinico dai tempi ristretti [3].

Tra gli altri sintomi che i pazienti affetti da SM possono manifestare below-the-radar vi sono i deficit del linguaggio, uno degli strumenti che gli umani utilizzano per veicolare messaggi, per comunicare. Sebbene i pazienti affetti da SM raramente manifestino una completa afasia (mancanza di comprensione e produzione verbale) [4], sovente a una valutazione più estesa è possibile evidenziare deficit di denominazione, comprensione di frasi complesse, lettura e comprensione uditiva [5]. Tuttavia, questi aspetti del linguaggio appena citati tengono conto della conoscenza dei vocaboli e della struttura della frase ma non del contesto in cui tale frase viene pronunciata, né delle modulazioni non verbali associate a esse. Immaginiamo per esempio che un ragazzo si ritrovi con il suo gruppo di amici e, parlando di una partita di calcio, esclami che “tale calciatore è stato una saetta in campo”. Dal punto di vista strettamente semantico dovremmo immaginarci che mettendo al replay la partita a un certo punto il “tale calciatore” dovrebbe trasformarsi nell’immagine di un fulmine. Eppure, riguardando quel match, l’unica cosa che vedremo è che quel “tal giocatore” corre velocemente da un lato all’altro del campo ma non si trasforma. Nella frase “tale calciatore è stato una saetta in campo”, si è fatto infatti uso di un aspetto del linguaggio non convenzionale, in cui si utilizza un’immagine per eccellenza della velocità per descrivere l’abilità del calciatore. Pochi studi sono disponibili sulla valutazione degli aspetti non convenzionali del linguaggio in SM. Questo in parte è ascrivibile al fatto che solo nel 2013, per la prima volta, nella tassonomia dei disturbi mentali si è introdotto il termine “comunicazione sociale” e “pragmatica” facendo riferimento alla “capacità dell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale”.

Nello specifico, un disturbo della comunicazione sociale (pragmatica) si caratterizzava per un deficit in quattro aspetti del linguaggio: 1) uso di una comunicazione appropriata allo scopo da raggiungere; 2) modulazione della comunicazione al fine di adeguarsi alla situazione e all’ascoltatore (ad es., se ci riferiamo a un bambino o a un adulto); 3) capacità di seguire regole di strutturazione della narrazione; 4) comprensione di ciò che non è esplicitamente detto, ad esempio sarcasmo, idiomi, metafore. Altro motivo per cui la pragmatica rimane ancora poco valutata nelle patologie del sistema nervoso centrale è legato alla mancanza di uno strumento validato nelle diverse lingue per la valutazione di tali deficit. Un primo sforzo nella valutazione dei deficit comunicazionali sociali nella SM ha messo in evidenza come i pazienti possano manifestare deficit nella comprensione di frasi ambigue, di metafore e di un discorso narrativo [6]. A una valutazione ancora più estensiva, utilizzando uno strumento validato in italiano per la valutazione della pragmatica detto Assessment of Pragmatic Abilities and Cognitive Substrates (APACS) [7,8], si è osservato che il 55% dei pazienti affetti da SM mostra un deficit della pragmatica indipendentemente dalla durata di malattia o dalla gravità della medesima [9]. Nello specifico, i pazienti affetti da SM mostrano una performance non ottimale nella comprensione del linguaggio non letterale (linguaggio figurato e umorismo) e nella produzione di un quantitativo adeguato di contenuto in risposta a domande dell’intervistatore, risultando sotto-informativi [9]. Tali deficit non sono legati a deficit degli aspetti basilari del linguaggio e, soprattutto, non sono legati a un decadimento cognitivo globale, risultando tuttavia associati a un selettivo deficit delle funzioni cognitive esecutive frontali [9]. Questo dato sottolinea come, nonostante una valutazione estensiva dei pazienti affetti da SM, alcuni sintomi possono comunque passare inosservati se non opportunamente valutati.

La ricerca dei substrati patologici determinanti deficit comunicativi ha subito negli ultimi 30 anni un grosso interesse grazie allo sviluppo di tecniche convenzionali e avanzate di risonanza magnetica (RM) che permettono l’osservazione diretta del danno cerebrale e di relazionarlo allo specifico deficit comunicativo. A lungo si è ritenuto che mentre le lesioni in determinate aree dell’emisfero sinistro del cervello fossero responsabili di afasia, lesioni nelle stesse aree cerebrali ma all’emisfero destro si manifestassero come deficit del linguaggio sociale. Questa dicotomia si è però rivelata non proprio corretta dal momento che studi di attivazione cerebrale misurata attraverso RM funzionale hanno dimostrato che i soggetti che svolgevano compiti di comprensione di metafore, idiomi e ironia, funzioni tipiche della comunicazione sociale (pragmatica), attivavano aree cerebrali di entrambi gli emisferi [10,11]. A partire da questi e altri successivi studi oggi è noto che la comunicazione è una funzione che richiede l’integrità di una rete di network neuronali distribuiti in entrambi gli emisferi cerebrali, diversi a seconda dello specifico aspetto del linguaggio esplorato con un alto livello di integrazione e scambio dati tra networks e un ruolo specifico di una regione cerebrale detta giunzione temporo-parientale nella modulazione della comunicazione pragmatica [12]. Nella SM, le lesioni demielinizzanti a carico dei fasci di connessione tra diverse aree del cervello provocano una disconnessione tra aree cerebrali distanti tra loro, esitando in una rimodulazione non sempre funzionale all’interno dei network funzionali e nei processi di integrazione tra i medesimi [13].

Il primo studio pilota condotto nei pazienti affetti da SM volto a esplorare i correlati neuropatologici dei deficit pragmatici ha sottolineato una ridotta connettività funzionale tra la giunzione temporo-parietale (prevalentemente di destra) e la corteccia del paracingolo nei pazienti con deficit pragmatici [14]. La corteccia del paracingolo rappresenta un’area corticale fortemente implicata sia in processi cognitivi quali le funzioni esecutive frontali sia nella risoluzione dei problemi sociali complessi [14]. Pertanto, per quanto si tratti ancora di un risultato preliminare, la corretta funzione della giunzione temporo-parietale e della corteccia del paracingolo, nonché la loro connessione, sembra rivestire un ruolo primario nella corretta comprensione e produzione della comunicazione, soprattutto nelle sue componenti “sociali”.

Purtroppo, a oggi ancora non esistono farmaci efficaci per poter trattare deficit della comunicazione nei pazienti affetti da SM. Tuttavia, un forte contributo in tal senso potrebbe giungere da protocolli riabilitativi ad hoc. Uno studio molto promettente in tal senso è stato pubblicato di recente e ha mostrato l’efficacia terapeutica del protocollo riabilitativo Cognitive Pragmatic Treatment nei pazienti affetti da schizofrenia con deficit di pragmatica [15]. Per l’applicazione di tale protocollo nella SM si attendono nuovi studi in merito.

Source: Fondazione Serono SM