La risonanza magnetica (RM) rappresenta uno strumento fondamentale per la diagnosi e il monitoraggio dell’attività di malattia in corso di sclerosi multipla [1,2]. Sfortunatamente però le informazioni che si ricavano dalla lettura di una indagine RM (presenza, sede, numero delle lesioni) e dalla analisi delle immagini RM, eseguita con programmi dedicati al fine di ottenere il volume delle lesioni stesse, non riescono a spiegare in modo soddisfacente la disabilità clinica osservata nelle persone con sclerosi multipla. L’incongruenza tra disabilità clinica e impatto cerebrale della patologia rilevabile alla RM viene definito “paradosso clinico-radiologico”. Una delle ragioni alla base di tale paradosso risiede nell’incapacità dei biomarcatori di RM sopra elencati di caratterizzare in modo soddisfacente le alterazioni strutturali e funzionali che si verificano a livello dell’encefalo e del midollo spinale in corso di sclerosi multipla [3].

Sebbene la risoluzione del paradosso clinico-radiologico sia stata oggetto di indagine sin dagli albori della ricerca in questo campo [4], negli ultimi anni gli sforzi della comunità scientifica si sono focalizzati, grazie anche agli avanzamenti tecnici, alla diffusione di linee guida relative all’esecuzione degli esami RM [2,5] e allo sviluppo di sequenze specifiche per la caratterizzazione microstrutturale e funzionale del tessuto nervoso, sull’identificazione di biomarcatori più specifici rispetto ai processi patologici responsabili del danno tissutale e quindi presumibilmente più vicini alle cause della disabilità. In particolare, sono stati ampiamente investigati la perdita di volume (atrofia) encefalica e midollare [6,7], le lesioni demielinizzanti della corteccia encefalica [8], il danno microstrutturale della sostanza bianca e grigia macroscopicamente sane [9,10] e la riconfigurazione delle reti neuronali da un punto di vista sia strutturale sia funzionale [11]. Studi condotti su campioni molto ampi hanno dimostrato la rilevanza clinica delle quantificazioni volumetriche sia globali sia regionali in persone con sclerosi multipla [12,13]. Tutti gli approcci menzionati finora si basano sull’analisi di dati ricavati dalla manipolazione delle immagini RM con programmi specifici per le diverse misure che si vogliono ottenere.

Un’alternativa è rappresentata dalla radiomica, che consente di estrarre informazioni direttamente dalle immagini RM, e non dalle misure ricavate dalle immagini stesse. La radiomica, o analisi della struttura, consente di estrarre caratteristiche quantitative dalle immagini RM acquisite, considerando le immagini stesse come una preziosa fonte di informazioni oggettive, piuttosto che come una fotografia da cui derivare soggettivamente caratteristiche qualitative (presenza/numero/sede delle lesioni) [14]. Un esempio di dato saliente ottenibile direttamente mediante radiomica è rappresentato dalla distribuzione dell’intensità di segnale nelle immagini RM, che ha mostrato di avere una forte correlazione con la disabilità motoria [15]. I dati quantitativi ottenuti con un’analisi di radiomica possono poi essere analizzati con un approccio statistico basato sul machine learning, una metodica che consente di gestire e analizzare grandi volumi di dati [16,17]. In particolare, le caratteristiche quantitative estratte dalle immagini, e cioè le caratteristiche di radiomica, possono fornire informazioni aggiuntive rispetto a quelle ottenute mediante analisi “classica” delle immagini da cui è possibile ottenere, per esempio, i volumi cerebrali e la disconnessione strutturale di aree cerebrali anatomicamente non contigue ma funzionalmente correlate. La disconnessione strutturale, oltre che con sofisticate analisi dedicate [14], può essere stimata anche a partire dal semplice carico lesionale (lesioni demielinizzanti identificabili su immagini acquisite mediante esami RM di routine) [18]. Le caratteristiche di radiomica, sebbene siano prive di un diretto significato biologico, possono infatti rappresentare un indice di danno microstrutturale, che è noto avere un impatto sulla disabilità in corso di sclerosi multipla [10]. Inoltre, per far sì che le caratteristiche di radiomica estratte siano espressione di un dato biologico, esse possono essere estratte, piuttosto che dalla immagine nella sua interezza, da regioni significative dell’immagine (per esempio da diverse regioni cerebrali).

Considerando queste premesse, l’analisi combinata di biomarker RM classici (volumi e disconnessione), caratteristiche di radiomica e dati clinico-demografici potrebbero rappresentare un approccio promettente per la risoluzione del paradosso clinico-radiologico nella sclerosi multipla. Un’analisi così strutturata rientrerebbe tra le applicazioni di machine learning tradizionali o supervisionate [16,17]. In questo caso infatti le caratteristiche di radiomica verrebbero estratte da aree di interesse selezionate sull’immagine (aree cerebrali). A questo primo passaggio farebbe seguito una selezione delle caratteristiche di radiomica più rilevanti che verrebbero quindi utilizzate, insieme ai dati RM più tradizionali, in un modello statistico basato sulla regressione lineare, che consente di esplorare i fattori predittivi della disabilità clinica osservata.

Finora il campo del machine learning applicato alle neuroimmagini in generale, e della radiomica in particolare, resta largamente inesplorato nella sclerosi multipla. I lavori condotti finora sono stati focalizzati su identificazione e classificazione di pattern caratteristici per la patologia o per stadi della stessa. Più in dettaglio, uno studio ha esplorato la possibilità di classificare le persone con sclerosi multipla in funzione della disabilità cognitiva in base a dati clinici e radiologici [19], mentre altri si sono concentrati sulla possibilità di migliorare e velocizzare la diagnosi di malattia [20] o di prevederne il decorso [21-24].

Altre possibili applicazioni del machine learning nella sclerosi multipla sono rappresentate dal tentativo di agevolarne la discriminazione rispetto a patologie che possono mimarne il decorso [25-28] e infine l’automatizzazione delle procedure di identificazione di caratteristiche salienti alla RM [29-32]. Sebbene la risoluzione del paradosso clinico-radiologico sia ad oggi affidata all’analisi di sequenze di RM avanzata [33], un’analisi basata su radiomica e machine learning rappresenterebbe un valido approccio in quest’ambito, giovandosi dell’indiscusso vantaggio di poter essere adottato a partire da indagini RM praticate per pratica clinica (per confermare la diagnosi della patologia o seguire il suo andamento nel tempo in risposta ai trattamenti). Inoltre, non necessitando dell’acquisizione di sequenze RM avanzate, tale indagine potrebbe essere condotta a partire da dati già acquisiti o avvantaggiarsi della collaborazione tra Centri specialistici, al fine di raccogliere un campione adeguato senza dover risolvere gli ostacoli tecnici legati all’analisi di sequenze avanzate acquisite su macchinari diversi.

Vincenzo Brescia Morra – Professore di Neurologia e Direttore del Centro per la Sclerosi Multipla presso la Clinica Neurologica dell’Università “Federico II” di Napoli

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Source: Fondazione Serono SM