“Cannabis” è un termine generico utilizzato per definire sostanze definite fitocannabinoidi, derivate da piante appartenenti al genere cannabis, con funzioni psicoattive a livello del sistema nervoso centrale (SNC). Sono stati individuati oltre 60 fitocannabinoidi, ma solo 3 o 4 si ritrovano in concentrazioni superiori allo 0,1%. Il THC o tetraidrocannabinolo è considerato il fitocannabinoide farmacologicamente più attivo della pianta di cannabis e dei suoi derivati, marijuana (infiorescenze) e hashish (resina). È in larga parte responsabile degli effetti farmacologici della cannabis, incluse le sue proprietà psicoattive, sebbene vi contribuiscano altri composti della pianta, come il cannabidiolo (CBD), fitocannabinoide non psicoattivo che ha effetti antinfiammatori, analgesici, ansiolitici e antipsicotici. Il termine “cannabis medica” si riferisce all’uso delle preparazioni magistrali di cannabis per curare alcune malattie o alleviare alcuni sintomi come la spasticità muscolare o il dolore nei pazienti con sclerosi multipla . Nel campo della sclerosi multipla tra l’altro, negli ultimi anni si sono accumulati dati sull’utilizzo di tali sostanze sia come sintomatici sia come trattamenti con azione neuroprotettiva, per rallentare il decorso della malattia e prevenire la disabilità.

I fitocannabinoidi si legano a specifici recettori presenti nel SNC e nelle cellule del sistema immunitario quali linfociti e macrofagi, la cui esistenza è legata alla recente scoperta di sostanze prodotte dall’organismo umano definite endocannabinoidi, quali anandamide (AEA) e 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), che condividono con i fitocannabinoidi gli stessi recettori e hanno un importante ruolo sia nello sviluppo del sistema nervoso sia nella risposta a un’ampia varietà di stimoli endogeni e ambientali. La presenza di recettori per gli endocannabinoidi in tutto l’organismo umano e in organismi di livello inferiore indica un ruolo vitale di tali sostanze nello sviluppo evolutivo degli esseri viventi (filogenesi) e sono state identificate oltre che nei mammiferi anche negli uccelli, negli anfibi, nei pesci, nei ricci di mare, nei molluschi e nelle sanguisughe.

Nell’ultimo decennio il sistema costituito dai cannabinoidi endogeni e dagli specifici recettori, CB1 e CB2 (sistema endocannabinoide), è stato oggetto di numerosi studi come potenziale target di complesse e importanti funzioni fisiologiche dell’organismo e del sistema nervoso centrale e periferico (metabolismo energetico, controllo dell’appetito e dell’alimentazione, pressione arteriosa, modulazione del dolore, controllo della nausea e del vomito, embriogenesi, risposta immunitaria e infiammazione, memoria, attenzione e apprendimento). Alterazioni a vari livelli di questo complesso sistema di neuromodulazione, che coinvolgono gli endocannabinoidi e i loro specifici recettori, con effetto a cascata sulla fine regolazione della trasmissione neurotrasmettitoriale a livello cerebrale, potrebbero avere un ruolo importante nell’insorgenza di importanti patologie come la malattia di Parkinson, la malattia di Huntington, la malattia di Alzheimer e la sclerosi multipla. I fitocannabinoidi mimano l’azione degli endocannabinoidi, con effetti di potenziamento nella regolazione della trasmissione degli impulsi nervosi a livello del sistema nervoso. Il sistema endocannabinoide ha un ruolo importante in processi fondamentali dello sviluppo del SNC: i cannabinoidi controllano la plasticità sinaptica, ovvero la capacità del SNC di modificare l’efficienza delle funzioni di connessioni tra neuroni, di instaurarne delle nuove e di eliminarne alcune in diverse aree cerebrali. Il sistema endocannabinoide ha un ruolo fondamentale nell’organizzazione cerebrale durante la vita prenatale e postnatale ed è coinvolto nel controllo dell’organizzazione e formazione delle reti neurali. Ciò suggerisce come un’alterazione di tale sistema durante lo sviluppo, per effetto dell’uso di cannabis in età adolescenziale, possa influire in modo anche drammatico sulla maturazione cerebrale. Alcuni fitocannabinoidi come il CBD e gli endocannabinoidi sono in grado di modulare il sistema immunitario con effetti antinfiammatori che fanno seguito all’attivazione di specifici recettori in molte condizioni patologiche quali dolore infiammatorio, infarto miocardico, ictus, disordini infiammatori gastrointestinali e arteriosclerosi.

Recenti studi hanno inoltre dimostrato il coinvolgimento del sistema endocannabinoide nell’omeostasi del sistema immunitario e nel controllo di alcune sue funzioni. Le cellule immunitarie esprimono sia recettori CB1 che CB2, producono 2-AG e AEA e sono coinvolte nei meccanismi di trasporto e degradazione chimica di queste molecole. Alcuni aspetti interessanti relativi alle interrelazioni tra sistema endocannabinoide e sistema immunitario, che riguardano in particolare i linfociti T, potrebbero avere importanti ricadute sulla comprensione dei complessi meccanismi alla base dell’insorgenza della sclerosi multipla. È a tutti noto come un particolare tipo di linfociti T, denominati Th17, sia in grado di attraversare la barriera emato-encefalica e provocare, nei modelli animali di sclerosi multipla, il danno della mielina; inoltre alcune molecole da essi prodotte si ritrovano in grande quantità nelle placche di demielinizzazione dei pazienti affetti da tale patologia. Alcuni studi in vitro hanno dimostrato come la proliferazione dei linfociti Th17 da parte di sostanze in grado di determinare nell’animale da esperimento l’insorgenza dell’encefalomielite allergica sperimentale, quadro patologico analogo alla sclerosi multipla umana, possa essere attenuata dal trattamento preventivo con CBD o tetraidrocannabinolo (THC).

A partire da questi dati sperimentali molti studiosi si sono concentrati sulla ricerca di eventuali effetti della somministrazione di fitocannabinoidi e cannabinoidi sintetici nel trattamento della spasticità e nella prevenzione della disabilità nei pazienti con sclerosi multipla. Uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, ha valutato l’effetto della somministrazione di dronabinol (cannabinoide sintetico) in 332 pazienti affetti da sclerosi multipla, seguiti per un periodo di 36 mesi, su progressione della disabilità, valutata con la Expanded Disability Status Scale (EDSS) e la Multiple Sclerosis Impact Scale (MSIS-29 items). È stato osservato un rallentamento della progressione della disabilità soltanto nei pazienti con EDSS basale di 4,0-5,5; la mancanza di risposta nei pazienti con maggiore disabilità (EDSS tra 6,0 e 6,5) potrebbe essere legata ai limiti propri della scala di valutazione, non in grado di valutare minimi intervalli di progressione della disabilità nei pazienti con EDSS >6,0. Sulla base di queste osservazioni è stato ipotizzato un ruolo dei cannabinoidi e degli endocannabinoidi nella sclerosi multipla e, in particolare, nel rallentare la progressione della degenerazione neuronale e nei meccanismi di neuroprotezione.

Si sono accumulate una serie di evidenze sperimentali, utilizzando sia diversi modelli animali di sclerosi multipla sia studi su pazienti affetti da differenti forme cliniche di malattia. Queste diverse osservazioni suggeriscono un ruolo funzionale dei recettori degli endocannabinoidi nella patogenesi della sclerosi multipla e hanno stimolato diversi studi preclinici diretti a modulare la loro attività in vivo, attraverso la somministrazione di fitocannabinoidi e cannabinoidi sintetici. Uno dei primi studi di questo tipo ha evidenziato un miglioramento sia del tremore sia della spasticità in modelli murini di sclerosi multipla cronica-recidivante, dopo trattamento con THC e methanandamide (cannabinoide sintetico analogo dell’anandamide). L’impiego di sostanze con azione di blocco degli stessi recettori (antagonisti) è in grado di inibire tali effetti terapeutici, suggerendo un ruolo del sistema endocannabinoide nel controllo della malattia. D’altra parte i cannabinoidi hanno effetti neuroprotettivi, attraverso l’azione sui recettori CB1, rallentando i processi neurodegenerativi che portano a cronica disabilità. Se utilizzati in alcuni modelli virali di sclerosi multipla (negli animali da esperimento l’inoculazione di alcuni virus sono in grado di favorire l’insorgenza di un quadro di malattia molto simile alla sclerosi multipla umana), dimostrano effetti immunosoppressivi e sono in grado di riparare la mielina danneggiata. Le alterazioni studiate sono ancora piuttosto controverse, molto probabilmente a causa dei diversi modelli sperimentali utilizzati e delle diverse modalità di reclutamento dei pazienti con differenti forme cliniche di sclerosi multipla. Nonostante ciò, il ruolo antinfiammatorio e neuroprotettivo degli endocannabinoidi è ampiamente documentato in esperimenti sia in vivo sia in vitro, su cellule ottenute da modelli sperimentali di sclerosi multipla o da pazienti con diverse forme cliniche di malattia.

Un ruolo importante è svolto dal CBD che ha importanti funzioni di tipo immunoregolatorio, attraverso l’inibizione dei linfociti Th17, ad azione pro-infiammatoria, la maggior produzione di linfociti ad azione regolatoria denominati Treg e la stimolazione delle cellule immunitarie a produrre molecole antiossidanti e antinfiammatorie. La somministrazione di diverse preparazioni magistrali di cannabis e di alcuni cannabinoidi sintetici migliora il controllo della spasticità nei pazienti con sclerosi multipla. Haupts et al. pubblicarono, nel 2016, uno studio che mostrò un miglioramento della spasticità e del dolore in pazienti con sclerosi multipla trattati con una preparazione contenente sia THC sia CBD in proporzioni uguali, valutati secondo una scala di autovalutazione numerica denominata NRS (numeric rating scale measure of spasticity), da 0 a 10, che riflette la percezione che il paziente ha della rigidità degli arti, considerata nelle 24 ore precedenti la misurazione e di facile applicazione clinica. Gli studi sui potenziali effetti benefici della cannabis su dolore e spasticità in realtà risalgono agli anni ’70 e già allora dati di letteratura disponibili suggerivano che i suoi derivati (cannabinoidi) potevano migliorare alcuni sintomi della sclerosi multipla.

L’associazione di THC e CBD, in uno spray oro-mucosale, è oggi indicata come trattamento per alleviare i sintomi in pazienti adulti affetti da spasticità da moderata a grave dovuta alla sclerosi multipla che non hanno manifestato una risposta adeguata ad altri medicinali antispastici. La dose media è di 7-8 spray al giorno. Una volta che la dose ottimale è stata raggiunta, i pazienti possono distribuire le dosi durante l’intero arco della giornata in base alla risposta individuale e alla tollerabilità. Gli effetti collaterali segnalati più di frequente sono rappresentati da capogiri, fatica, diarrea, nausea, cefalea e sonnolenza.

Conclusioni

Nel loro insieme, i dati preclinici suggeriscono un ruolo del sistema endocannabinoide non solo nel controllo di alcuni sintomi specifici della sclerosi multipla, come il tremore e la spasticità, ma anche nei meccanismi di neuroinfiammazione e neurodegenerazione alla base della malattia. L’insieme di queste osservazioni ha stimolato diversi gruppi di ricerca con l’obiettivo di utilizzare a scopo terapeutico farmaci a base di cannabinoidi per il trattamento sia delle forme recidivanti-remittenti di sclerosi multipla sia delle forme progressive. Tuttavia i risultati delle revisioni sistematiche pubblicate a tutt’oggi suggeriscono l’efficacia della cannabis e delle formulazioni a base di cannabinoidi nel controllo della spasticità in corso di sclerosi multipla, mentre le prove disponibili a supporto dell’efficacia e della sicurezza dei cannabinoidi come trattamento modificante il decorso della sclerosi multipla sono invece risultate insufficienti e, per molti degli aspetti considerati, di qualità/affidabilità bassa o molto bassa, tali da non potere fornire risposte conclusive.

Consigli pratici

Diverse preparazioni farmaceutiche a base di cannabinoidi contenenti sia THC sia CBD, in diverse proporzioni, sono state utilizzate in studi clinici che hanno arruolato pazienti affetti da sclerosi multipla e altre sperimentazioni sono in corso. Queste diverse preparazioni possono essere assunte per os, mescolate con il cibo o trasformate in tè, o mediante somministrazione sublinguale o topica, oppure possono essere fumate o inalate. Tuttavia queste formulazioni, per la natura estremamente eterogenea, rendono non confrontabili i risultati dei vari studi clinici e spiegano in parte l’inconcludente evidenza di efficacia dei cannabinoidi nel trattamento della sclerosi multipla eccetto che per la terapia della spasticità. L’evidenza di efficacia dei cannabinoidi negli studi pubblicati è generalmente debole, in condizioni cliniche che non riguardano il trattamento della spasticità nella sclerosi multipla o il dolore neuropatico e nel caso di preparati diversi da quello contenente, in proporzioni uguali, sia TCH che CBD. Allo stato attuale delle evidenze scientifiche non vi sono indicazioni all’impiego della cannabis medica come terapia modificante il decorso della sclerosi multipla.

Source: Fondazione Serono SM