Sulla prestigiosa rivista Science è stato pubblicato un articolo che ha definito meglio il ruolo della mononucleosi, l’infezione provocata dal virus di Epstein-Barr, nello sviluppo della sclerosi multipla. Esso ha dimostrato che l’infezione provocata da questo virus si è associata a un rischio aumentato di 32 volte di ammalare di sclerosi multipla.
Il meccanismo di demielinizzazione caratteristico della sclerosi multipla si ritiene da tempo che possa essere attivato da un’infezione virale e, tra tutte quelle prese in considerazione quella provocata dal virus di Epstein-Barr, che provoca la mononucleosi, ha attirato la maggiore attenzione. Alcuni autori avevano già rilevato un rischio aumentato di ammalare di sclerosi multipla per le persone che avevano avuto la mononucleosi. Inoltre, nei malati di sclerosi multipla si erano misurate concentrazioni elevate di anticorpi diretti contro il virus di Epstein-Barr e tale virus, in alcune ricerche ma non in altre, era stato individuato nelle lesioni a carico della mielina. Tali evidenze, però, non erano state giudicate conclusive, per confermare una relazione causa/effetto tra le due malattie. Per fare chiarezza sul ruolo della mononucleosi nello sviluppo della sclerosi multipla, Bjornevik e colleghi hanno eseguito uno studio prospettico, nel quale hanno posto in relazione una precedente infezione da virus di Epstein-Barr con il successivo sviluppo della sclerosi multipla. Grazie alla ventennale collaborazione del Centro di ricerca che ha realizzato lo studio con l’esercito degli Stati Uniti, sono stati individuati casi di sclerosi multipla nell’ambito di del personale militare in servizio tra il 1993 e il 2013. Questa casistica è consistita in oltre 10 milioni di soggetti. Tutto il personale militare in servizio attivo è stato sottoposto a uno screening, per l’individuazione del virus dell’AIDS, al momento dell’entrata in servizio e, in seguito, ogni due anni. I campioni di siero che non sono stati utilizzati per la ricerca del virus dell’AIDS sono stati conservati presso un archivio del Dipartimento della Difesa. Gli autori della ricerca hanno usato una parte degli oltre 62 milioni di campioni disponibili per verificare se, i soggetti che avevano sviluppato in seguito la sclerosi multipla, in precedenza avessero avuto la mononucleosi. Sono stati 955 i militari che hanno presentato la sclerosi multipla nel periodo di servizio attivo. Per ciascuno di questi casi, Bjornevik e colleghi hanno analizzato fino a 3 campioni di siero raccolti prima della data di comparsa della sclerosi multipla. In particolare si è trattato: del primo campione disponibile, dell’ultimo raccolto prima della comparsa della sclerosi multipla e di un altro intermedio fra questi due. Per creare un gruppo di confronto, si sono selezionati, per ogni caso di sclerosi multipla, due soggetti, non affetti dalla malattia, ma che avessero la stessa età, fossero dello stesso sesso, della stessa razza, della stessa branca dell’esercito e nei quali i campioni di sangue erano stati raccolti nelle stesse date. Tutti comunque erano militari in servizio attivo. In totale sono stati selezionati 801 soggetti con sclerosi multipla e 1566 soggetti di controllo. Degli 801 casi con sclerosi multipla, solo 1 era risultato negativo all’infezione da virus di Epstein-Barr all’ultima verifica, prima della comparsa della sclerosi multipla. Il rapporto di rischio di sviluppare la sclerosi multipla in soggetti positivi per una pregressa infezione da virus di Epstein-Barr, rispetto ai negativi, è stato di 26.5; intervallo di confidenza al 95% 3.7-191.6; p=0.001. Al basale, 35 persone con la sclerosi multipla e 107 non affette dalla malattia erano negative, ma, dei 35 soggetti, tutti tranne 1 hanno avuto la mononucleosi durante il periodo di osservazione. La mediana del tempo intercorso tra il riscontro del primo esame positivo per la presenza del virus di Epstein-Barr e la comparsa della sclerosi multipla è stata di 5 anni e la mediana del tempo dalla sieroconversione stimata del virus di Epstein-Barr alla comparsa della sclerosi multipla è stata di 7.5 anni (intervallo 2-15 anni). Per sieroconversione gli autori hanno inteso il momento intermedio tra l’ultimo campione di sangue risultato negativo per la presenza del virus e il primo che ha dato riscontro positivo. L’elevata frequenza di sieroconversione per il virus tra le persone che hanno presentato la sclerosi multipla (97%) ha contrastato in maniera evidente con quella di chi non ha sviluppato la malattia (57%). Il rapporto di rischio di comparsa della sclerosi multipla, tra chi ha avuto la sieroconversione per il virus di Epstein-Barr e chi ha continuato a risultare negativo per la presenza del virus, è stato di 32.4 (intervallo di confidenza al 95%: 4.3 to 245.3; p<0.001). Nell’articolo sono stati riportati vari altri dati relativi alla casistica e gli autori hanno proposto anche ipotesi di meccanismi fisiopatologici che potrebbero correlare la pregressa mononucleosi con il successivo sviluppo di sclerosi multipla.
Nello stesso numero della rivista nel quale è stato pubblicato l’articolo di Bjornevik e colleghi è comparso anche un editoriale di commento che ha definito i dati dell’articolo come molto rilevanti e tali da confermare che l’infezione da virus di Epstein-Barr è l’evento scatenante dello sviluppo della sclerosi multipla. Anche nell’editoriale si forniscono spiegazioni circa i meccanismi che potrebbero mettere in relazione le due malattie. Infine, si ipotizzano futuri sviluppi per la prevenzione e per la cura della sclerosi multipla, derivanti dalle evidenze raccolte da Bjornevik e colleghi.
Source: Fondazione Serono SM