La sclerosi multipla è una malattia cronica caratterizzata da un decorso variabile. I dati sulla mortalità indicano un eccesso di mortalità rispetto alla popolazione generale, costante negli ultimi 50 anni [1]. È stimata una riduzione media dell’aspettativa di vita di 6-14 anni rispetto alla popolazione generale [2], da correlare con la disabilità che si realizza nelle forme progressiva di malattia. La sclerosi multipla, purtroppo, nonostante la sempre maggiore disponibilità di terapie disease-modifying determina ancora disabilità gravissima. I dati del “Fondo Non Autosufficienza” permettono di stimare che nel 2017 più di 6200 persone con sclerosi multipla (circa il 5,5% del totale delle persone con sclerosi multipla in Italia) hanno una disabilità gravissima definita con Expanded Disability Status Scale (EDSS) ≥9,0 [3]. Nelle forme che decorrono con grave disabilità, i sintomi e le limitazioni funzionali coinvolgono diversi aspetti, come l’autonomia nei movimenti, la funzione visiva, il controllo degli sfinteri, la capacità di alimentarsi e la capacità di comunicare. Inoltre è frequente una compromissione delle funzioni cognitive che può sfociare fino alla diagnosi di demenza [4].
Questi disturbi possono stabilizzarsi anche per lunghi periodi, fino a 30 anni [5], permettendo un eventuale adattamento personale e una qualità della vita soddisfacente. D’altra parte, col passare del tempo, ulteriori peggioramenti, la comparsa di complicanze o di comorbilità, oppure le mutate condizioni socioassistenziali (ad es., cambiamenti familiari come perdita di familiari caregiver) rendono più difficoltoso questo adattamento continuo.
Può accadere di dover condividere la scelta di ricorrere a trattamenti di supporto vitale per evitare gravi complicanze, potenzialmente mortali. Questi trattamenti sono, ad esempio, la gastrostomia percutanea (PEG) o addirittura la tracheostomia in caso di insufficienza respiratoria. I trattamenti di supporto vitale possono assicurare anni di vita, tuttavia possono causare ulteriori sofferenze, compromettendo l’idea stessa di “vita dignitosa” che il paziente può avere. È necessario che al malato sia dato modo di riflettere sui propri valori, sulla propria spiritualità e interrogarsi per tempo sull’accettazione di tali misure, sullo scenario di un tipo di vita inedito, gravato di ancor maggiore dipendenza, sul significato personale di “vita dignitosa” e su chi possa aiutarlo a scegliere, a fornire consenso ai trattamenti quando non sarà più in grado di esprimersi. È altresì necessario che la persona malata si possa interrogare, e sia aiutata a farlo, anche sull’eventuale processo del morire e messa a conoscenza delle risorse di cure palliative disponibili.
La Legge Italiana 219/2017 [6] prevede la possibilità per il cittadino di prendere delle decisioni per interventi sanitari, che si possono immaginare in situazioni future, nell’ipotesi in cui la capacità di decidere e/o di esprimersi fosse perduta. Questa legge prevede due scenari.
Il primo è quello del cittadino che può essere in piena salute e che comunque non ha una malattia progressiva disabilitante/mortale, e che desidera esprimersi rispetto a scelte di cura future ipotetiche: in questo caso si parla di Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT). Le DAT possono essere redatte da qualunque cittadino adulto, adeguatamente informato e capace di decidere. Tramite esse il cittadino fornirà indicazioni sulle sue preferenze e volontà rispetto a potenziali trattamenti sanitari che desidera o non desidera ricevere, in particolare quelli più invasivi e che determinano condizioni particolari di vita, come la necessità di supporti ventilatori (manovre rianimatorie in gravi condizioni ad alta probabilità di esito infausto, respirazione meccanica, tracheostomia, nutrizione artificiale, dialisi ecc.).
Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del comune di residenza.
Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, le DAT possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare. Con le medesime forme esse sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento.
È ancora work in progress un registro nazionale immediatamente consultabile dai medici che potrebbero entrare in contatto con la persona e avere necessità delle DAT per prendere decisioni in urgenza.
Il secondo scenario è quello della Pianificazione Condivisa delle Cure (PCC), che riguarda chi ha una malattia progressiva di cui si può intravedere la traiettoria. La PCC viene redatta dal malato insieme al proprio medico di fiducia in forma di un documento che viene conservato dal malato stesso tra la sua documentazione sanitaria e conservato dagli altri interessati indicati dal malato; se possibile viene archiviato in una cartella clinica e, soprattutto, nel fascicolo sanitario elettronico nelle regioni in cui è attivo, in modo da poter essere più prontamente disponibile per i sanitari che si prendono cura del malato.
Per entrambi gli scenari, è prevista la figura del “fiduciario”, ovvero di una persona che rappresenterà il malato nelle relazioni con il personale di cura al momento in cui sarà necessario, ovvero quando subentri la necessità di ricorrere alle disposizioni date dal malato per la sua incapacità (reversibile o irreversibile) a fornire il consenso a trattamenti.
In tale condizione di incapacità, i medici sono obbligati a prendere decisioni sulle terapie da iniziare o sospendere in ottemperanza a quanto dichiarato dal malato nella DAT o PCC disponibile.
Il fiduciario potrà discutere le decisioni con i medici, con l’obbligo morale e di legge di farsi garante delle preferenze del malato, rimanendo sempre nell’ottica della visione esistenziale di quest’ultimo. Questo significa che, laddove le DAT/PCC non prevedessero cosa fare in determinate scelte e non ci fossero altri strumenti di tutela legale (tutore o amministratore di sostegno), il medico di fiducia e il fiduciario dovrebbero portare il punto di vista del malato, ormai incapace di decidere, e aiutare a prendere decisioni sanitarie “con lui”, non “per lui”.
Si può anche scegliere più di un fiduciario, anche perché non è possibile sapere se la persona identificata in questo compito sarà necessariamente disponibile al momento del bisogno, ma dovrà essere chiaro un ordine di preferenza, per evitare che insorgano contrasti tra i fiduciari rispetto alle scelte.
Come detto per le DAT, nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, la PCC può essere espressa mediante videoregistrazione o dispositivi che consentano al malato di comunicare.
DAT e PCC possono essere riviste, ripensate e ridiscusse nel corso del tempo. Questo perché le preferenze e la visione della vita possono cambiare, così come la scelta della persona che si vuole indicare come fiduciario.
Per questo è importante aggiornare regolarmente la PCC, per ripensare alle scelte e ridiscuterle con il medico di fiducia ed eventualmente con altri professionisti sanitari.
DAT e PCC hanno un profondo fondamento etico che si basa sul principio di autonomia della persona [7].
Le recenti raccomandazioni della European Academy of Neurology sulle cure palliative nelle persone con grave sclerosi multipla progressiva consigliano la PCC (indicata con il termine, più internazionalmente diffuso, di advance care planning [ACP]) in una fase precoce e che si instauri una regolare comunicazione con il malato e la sua famiglia/caregiver sulla traiettoria di malattia [8].
Proporre e aiutare il malato nel redigere la PCC necessita di alcune competenze che ancora non sono patrimonio diffuso tra i medici e che si ritrovano soprattutto in chi svolge medicina palliativa. Per questo, anche solo per i bisogni comunicativi, può essere vantaggioso avere la disponibilità di un servizio di cure palliative che si integri con le strutture neurologiche e riabilitative [9]. È necessario insistere sulla formazione su tali temi nell’ambito della formazione degli operatori sanitari e, più in generale, su una capillare informazione per i malati e per la cittadinanza tutta [9]. Infine la ricerca permetterà meglio di stabilire modalità efficaci e valutare elementi di facilitazione od ostacolo al processo di PCC [10].
Source: Fondazione Serono SM