L’emergenza COVID-19, con i relativi blocchi agli spostamenti e la riconversione delle strutture sanitarie, ha significativamente accelerato l’introduzione della telemedicina. Dinanzi alla complessità dei sintomi della sclerosi multipla, sono stati necessari specifici adattamenti alle tecniche convenzionali di telemedicina, che sono comunque già applicate da anni in ambito medico.

Il presupposto della telemedicina in sclerosi multipla è che non è purtroppo possibile condurre un esame obiettivo neurologico completo. Ad esempio, è impossibile usare un martelletto neurologico per controllare i riflessi, oppure effettuare un esame oculare completo. Anche la scala neurologica più frequentemente utilizzata per valutare lo stato funzionale globale in sclerosi multipla, l’EDSS (Expanded Disability Status Scale), non è fattibile a distanza, ma potrebbe essere almeno in parte rimpiazzata dal questionario Patient Determined Disease Steps (PDDS) che è stato specificatamente disegnato per ottenere punteggi equivalenti all’EDSS a partire da quanto riportato dalla persona affetto da sclerosi multipla. A tale questionario se ne potrebbero abbinare altri, sempre volti a indagare il percepito della persona con sclerosi multipla. Ovviamente, i questionari sarebbero da compilare a distanza e le loro variazioni potrebbero quindi essere interpretate come ricadute cliniche e/o progressione della disabilità. In caso di dubbio, si potrebbe sempre ricorrere a una visita in persona e all’esame RM.

Se quindi la telemedicina può essere adattata alla sclerosi multipla, il problema è quanto possa essere effettivamente utilizzata. Innanzitutto, come descritto in precedenza, è impossibile valutare in telemedicina la complessità dei sintomi della sclerosi multipla, in particolare nei casi a più grave disabilità. Ovviamente, se non si riconoscono i cambiamenti clinici (ricadute, progressione clinica ecc.), è impossibile prendere le decisioni terapeutiche giuste nei tempi necessari, con ritardi che implicherebbero ulteriori peggioramenti clinici.

Abbiamo poi imparato a conoscere le difficoltà nella trasmissione di video e audio che si possono presentare in corso di telemedicina, che quindi renderebbero la visita estremamente frammentata. Non tutti poi hanno accesso a sistemi informatici avanzati (telecamera di alta qualità, internet veloce), e quindi l’uso della telemedicina va a penalizzare una porzione di persone. Inoltre, le difficoltà causate dalla sclerosi multipla (disturbi di vista, coordinazioni e/o movimenti) possono rendere difficoltoso l’uso di strumenti tecnologici.

In conclusione, è stato indubbiamente necessario sviluppare modalità di telemedicina per la sclerosi multipla, ma allo stesso modo la telemedicina non potrà sostituire completamente le visite e le interazioni in persona. Infatti, lo schermo di un computer o di un cellulare rappresenta una barriera tra il medico e la persona con sclerosi multipla, che non riescono quindi a formare il legame necessario all’alleanza terapeutica. Se durante i momenti peggiori dell’emergenza COVID-19 la telemedicina è stata la migliore soluzione possibile per mantenere un contatto con le persone con sclerosi multipla, il suo futuro è tuttavia più incerto. Probabilmente, si ricorrerà a modalità ibride, in cui telemedicina e visite in persona verranno combinate sulla base delle possibilità e delle necessità. La telemedicina potrebbe essere usata solo per rapidi controlli o per discutere i risultati di un esame, mentre le attività in persona tornerebbero ad avere un ruolo centrale. In attesa che usciamo dall’emergenza COVID-19, dobbiamo quindi sforzarci di offrire il miglior servizio possibile alle persone con sclerosi multipla e, in particolar modo, a quelle con maggior livello di disabilità, per le quali un ritardo o una mancanza sarebbero particolarmente inaccettabili.

Source: Fondazione Serono SM